Ci scrive l’Associazione esposti amianto che esprime il sue posizioni sul decreto interministeriale firmato lo scorso 5 dicembre a Roma. Nella sua lettera, l’Aea comunica pure la delusione nei confronti della «politica senza distinzione di colore». Parla di ferite ed offese commesse mettendo «sullo stesso piano i responsabili e le vittime». Dall’associazione, arriva così la constatazione di un allontanamento dalla politica e di un elettorato attivo e passivo sempre più distanti. Infine, dall’intervento emerge la richiesta di garanzie su prese di responsabilità e sicurezza sul lavoro. S.F.
Un recente decreto interministeriale, sulla scorta di un decreto legge – il numero 34 del 2023 – in seguito convertito, ha stabilito che al Fondo per le Vittime dell’amianto possano accedere non solo i lavoratori di società partecipate che abbiano contratto patologie asbestocorrelate durante l’attività lavorativa prestata presso i cantieri navali o i loro eredi – purché destinatari di sentenza o verbale di conciliazione in forza dei quali sia loro riconosciuto diritto al risarcimento del danno e che non siano già stati risarciti dalla società ritenuta responsabile – ma anche le stesse società partecipate pubbliche «dichiarate soccombenti con sentenza esecutiva o comunque debitrici nei verbali di conciliazione giudiziale depositati entro il 31 dicembre 2023, o nei verbali di conciliazione comunque sottoscritti in sede protetta entro il 31 dicembre 2023, aventi ad oggetto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, riconosciuti in favore dei lavoratori».
I brevissimi termini entro cui formulare domanda per il riconoscimento del beneficio sono spirati poco oltre le recenti festività.Nei lunghi anni di attività dell’Associazione Esposti Amianto sono state tante le volte in cui la politica, senza distinzione di colore, ha tradito le aspettative dei lavoratori non sostenendo in massa la rivendicazione di giustizia per troppi anni rimessa solo alle voci delle vittime. Ricordiamo certamente, riconoscenti, il sostegno dei singoli che tali tuttavia troppo spesso sono rimasti, non sempre affiancando le parti offese all’interno dei processi, talvolta strumentalizzando questa triste vicenda per misere questioni di bottega, talvolta intervenendo a sproposito. Oggi però, in tanta parte tacendo sull’adozione del suddetto decreto, in sintesi svilendo la dimensione collettiva che invece, purtroppo, ineluttabilmente caratterizza la storia di coloro i quali sono morti con l’unica colpa di essere andati a lavorare. Sono i nostri padri, le nostre madri, i nostri cari, i vicini di casa, senza distinzione per le opinioni partitiche di cui erano portatori e avrebbero diritto al rispetto solidale di tutti per l’ingiusto prezzo pagato.
Non siamo certo degli ingenui sognatori, sappiamo che l’attività di impresa ha le proprie esigenze e, fra le tante, ci sono le difficoltà che sono derivate dall’esplosione del problema amianto. Quest’ultimo, per troppo tempo peraltro rimasto sotto al tappeto e non dobbiamo certo ricordare le tappe della nota vicenda giudiziaria. Non sono sicuramente questione di poco conto, e di tutto ciò in qualche modo anche la politica deve farsi carico. Tuttavia «ci sono modi e modi» e le scelte sono talora scelte di campo.
Mettere in chiaro sullo stesso piano responsabili e vittime – rectius: solo alcune delle vittime, quelle che abbiano lavorato nel settore navale, destinatari di sentenza e non ancora risarciti – è una scelta che ferisce e offende chi ha subito il danno ingiusto, spesso perdendo anche la vita. Se le parole hanno un significatoo, che senso ha parlare ancora di “Fondo per le Vittime dell’amianto” se a questo possono accedere soggetti giuridici dichiarati soccombenti – e quindi riconosciuti colpevoli – a fronte della richiesta di risarcimento? Abbiamo sempre saputo che, se si è arrivati nel nostro territorio alle tragiche conseguenze dell’esposizione all’amianto, è anche perché costava meno risarcire un operaio morto che salvargli i polmoni. Oggi, amaramente, questa considerazione giunge alle sue estreme conseguenze.
Sono tante le ragioni che allontanano sempre di più il cittadino dalla politica e questa è una sconfitta per tutta la società civile. Se lo Stato, alla rivendicazione di giustizia e di sostegno che viene da chi è rimasto vittima dell’amianto – spesso trattandosi di soggetti che non possono nemmeno fruire delle tutele che spettano in linea di massima al lavoratore subordinato – non sa dare altra risposta che collettivizzare il costo della responsabilità, ridistribuendolo anche sulle vittime, allora significa che gli spazi fra elettorato attivo e passivo saranno sempre più distanti.
La notizia del tragico infortunio sul lavoro di venerdì mattina, proprio all’interno di un cantiere navale, ha permesso di osservare che il tempo in cui il lavoro sarà sicuro è ancora lontano e che c’è ancora molto da fare. Ridare effettiva sostanza al concetto di responsabilità potrebbe essere un utile inizio.